Fed taglia tassi di interesse di un quarto di punto

La Fed ha deciso di tagliare i tassi di interesse per la seconda volta dalla grande crisi del 2008, dopo il taglio effettuato nel mese di luglio. Il costo del denaro scende di un altro quarto di punto, in una forchetta tra l’1,75 e il 2%. Per la banca centrale un ulteriore taglio dei tassi di interesse è atteso entro la fine dell’anno per contrastare un aumento dei rischi per l’economia.

La decisione della Fed di tagliare il tassi di interesse e’ stata presa con 7 voti favorevoli e 3 contrari, una testimonianza delle divisioni ai vertici della banca centrale statunitense. Il taglio viene motivato da una serie di incertezze tra cui un indebolimento degli investimenti privati e delle esportazioni.

“Jay Powell e la Federal Reserve hanno fallito di nuovo. Niente coraggio, nessun senso, nessuna visione!”: questo l’attacco di Donald Trump su Twitter dopo la decisione della Fed. Trump quindi definisce Powell “un terribile comunicatore”. Nelle scorse settimane il presidente aveva chiesto un taglio ben più consistente per portare il costo del denaro vicino o sotto lo zero.

L’economia Usa continua ad andare bene, ma assistiamo a un rallentamento globale anche del commercio, con incertezze legate anche all’aumento dei dazi: cosi’ il presidente della Fed, Jerome Powell, ha motivato la decisione di tagliare i tassi di un quarto di punto. Powell ha sottolineato come l’economia americana si espanderà a ritmo moderato con un mercato del lavoro che resterà forte.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/09/18/fed-taglia-tassi-di-un-quarto-di-punto_65e66b00-3078-43f2-bb21-7dca37bea1cc.html

Fed taglia tassi di interesse di un quarto di punto

La Fed taglia i tassi di interesse di un quarto di punto ma si mostra prudente su nuovi interventi. Il costo del denaro scende in una forchetta fra il 2 e il 2,5%.  Si tratta del primo taglio del costo del denaro dalla crisi del 2008.

“Il mercato del lavoro resta solido e l’attività economica continua a crescere in modo moderato. L’inflazione resta sotto l’obiettivo del 2%” si legge nel comunicato diffuso dalla Fed. “Alla luce delle implicazioni degli sviluppi globali sull’outlook economico e dell’inflazione debole, la Fed ha deciso di ridurre i tassi” aggiunge il comunicato, dove la Fed assicura che “continuerà a monitorare le informazioni e agirà come appropriato per sostenere la ripresa”.

Per il presidente della Fed, Jerome Powell ‘l’outlook per l’economia americana resta favorevole: il taglio dei tassi di interesse è un’assicurazione contro i rischi al ribasso. Il taglio dei tassi di interesse aiuterà la crescita, e la mossa giusta, è un aggiustamento di metà ciclo: non segnala necessariamente l’inizio di un ciclo lungo di allentamento monetario’.

TRUMP ‘DELUSO’ “Ciò che i mercati volevano sentire da Jay Powell e dalla Fed era che questo era l’inizio di un ciclo lungo e aggressivo di taglio dei tassi che avrebbe tenuto il passo con la Cina, la Ue ed altri Paesi nel mondo. Come sempre, Powell ci ha deluso ma almeno sta mettendo fine al quantitative tightening, che in primo luogo non avrebbe dovuto iniziare – nessuna inflazione”: lo twitta Trump dopo il primo taglio dei tassi della Fed dal 2008. “Vinceremo comunque, ma sono certo che non avrò molto aiuto dalla Fed!”, aggiunge.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/07/31/fed-taglia-tassi-di-interesse-di-un-quarto-di-punto-_2b50b087-2b7a-47ea-a203-2b35b95a8c3f.html

Trump, task force contro frodi Borsa

Una task force per l’integrità del mercato e contro le frodi a danno dei consumatori. A crearla è l’amministrazione Trump, avviando una collaborazione fra Dipartimento di Giustizia, Sec e Federal Trade Commission.
”Unendo le nostre forze possiamo identificare e fermare frodi di più ampia scala di quanto una delle nostre agenzie da sola potrebbe fare” afferma Rod Rosenstein, vice ministro alla Giustizia presentando l’iniziativa. Le autorità lavoreranno insieme per scoraggiare le attività fraudolente e imporre le adeguate misure correttive e punitive senza sprecare risorse pubbliche.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2018/07/11/trump-task-force-contro-frodi-borsa_eaa38549-9855-4a53-8837-d81b8e445ba9.html

Usa, via a dazi per 34 mld su import Cina

La guerra commerciale tra Usa e Cina è ufficialmente iniziata oggi allo scoccare delle 00:01 di Washington (6:01 in Italia) con l’operatività dei dazi al 25% sull’import di 818 beni, tra parti di auto, apparecchiature medicali, aerospazio e information technology. Si tratta di misure del valore di 34 miliardi di dollari, prima tranche di un’azione preliminare da 50 miliardi.

“Gli Stati Uniti – afferma il ministero del Commercio cinese – hanno imposto dazi per 34 miliardi di dollari sull’import cinese con una mossa da “bullismo commerciale” che ha dato il via alla più grande guerra commerciale nella storia economica”. E scattano le contro-misure di Pechino da 34 miliardi sull’importazione di beni Usa. Nel mirino delle Dogane cinesi sono così finiti soia, carne, whiskey e altri alcolici e auto.

Trump minaccia dazi ulteriori per 500 miliardi di dollari nel caso Pechino decida ritorsioni: il tycoon ha detto ai giornalisti al seguito di considerare, nel resoconto dei media americani, ulteriori dazi per questa cifra. Prima “34 miliardi e dopo ci sono altri 16 miliardi in due settimane e poi, come sapete, altri 200 miliardi in sospeso e dopo ancora altri 300 miliardi in sospeso. Ok? Quindi abbiamo 50 più 200 più quasi 300”, ha detto Trump. Si tratta di giudizi che rafforzano i propositi di esclation di guerra commerciale con conseguenti effetti turbolenti a cascata sui mercati finanziari, azionari, valutari e delle materie prime, dalla soia al carbone. La Cina ha detto che non avrebbe “sparato il primo colpo”, assicurando che le contromisure sarebbero entrare in vigore a stretto giro dall’efficacia dei dazi Usa da 34 miliardi. Tuttavia, nonostante il pesantissimo giudizio sulla mossa americana (un “atto di bullismo commerciale”), il ministero del Commercio cinese non ha ancora annunciato l’operatività delle contromisure.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2018/07/06/usavia-a-dazi-per-34-lmd-su-import-cina_d028979c-97e0-439a-9747-e690a3ba836c.html

Trump straccia accordo nucleare Iran, petrolio schizza al rialzo. View analisti

Si chiama Joint Comprehensive Plan of Action (JCPOA): è l’accordo sul nucleare siglato nel 2015, ai tempi dell’amministrazione di Barack Obama, con cui l’Iran si impegna a ridurre le sue attività nucleari e a consentire l’ingresso degli ispettori internazionali nei suoi impianti, in cambio dell’eliminazione delle sanzioni  precedentemente imposte da Onu, Stati Uniti e Unione europea. Quell’accordo vale ora zero per gli Stati Uniti. Lo ha deciso il presidente americano Donald Trump, che ha fatto il grande annuncio nella giornata di ieri.

L’escalation delle tensioni geopolitiche viene scontata in primis dal petrolio, con le quotazioni del WTI e del Brent che schizzano al rialzo di quasi +3%, attestandosi a valori vicini ai massimi dal 2014. In particolare, il Brent viaggia a $76,91 al barile, mentre il contratto WTI vola del 2,72%, a $70,94.

Nel commentare l’impatto sui mercati petroliferi, la divisione di ricerca di ANZ Bank ha detto che la decisione di Trump “presenta uno scenario che vede l’offerta del petrolio contrarsi in modo significativo nel secondo semestre del 2018 e l’anno prossimo”. E la contrazione dell’offerta, come si sa, è di per sé un elemento sufficiente a innescare il rialzo delle quotazioni petrolifere, almeno stando ai dettami dei fondamentali di mercato.

Una riduzione dell’offerta avverrà sicuramente, visto che la decisione di alcune nazioni, pur di evitare le sanzioni di Washington, preferiranno optare per alternative piuttosto che importare petrolio iraniano. Di conseguenza, è previsto un calo delle esportazioni dell’Iran verso l’Asia e l’Europa. Allo stesso tempo, non è chiaro il modo in cui i mercati petroliferi globali reagiranno alla decisione Usa. Gli Stati Uniti non acquistano già, infatti, petrolio iraniano, mentre altri paesi firmatari dell’intesa come Russia, Regno Unito, Francia e Germania si oppongono alla fine dell’accordo, e potrebbero di conseguenza continuare ad acquistare petrolio iraniano.

“Si teme che le esportazioni di petrolio dell’Iram possano scendere di circa 1 milione di barili al giorno, rispetto ai livelli attuali – ha commentato a Cnbc Tomomichi Akuta, economista senior presso Mitsubishi UFJ Research and Consulting, a Tokyo – Il rapporto tra la domanda e l’offerta è allo’incirca in condizione di equilibrio in questo momento, ma potrebbe virare verso una condizione di calo dell’offerta, e ciò potrebbe portare i prezzi a salire di almeno 10 dollari, con il Brent che potrebbe arrivare a $90″.

Ci sono poi altri analisti che prevedono che nei prossimi mesi una quantità compresa tra 300.000 e 500.000 barili sarà rimossa dal mercato: sufficiente per innescare un aumento dei prezzi ma non sufficiente per garantire un rialzo sostenuto degli stessi.

Cos’ Frank Verrastro e Kevin Book, del Center for Strategic and International Studies, in un repoer della scorsa settimana – La reazione iniziale del mercato sarà quella di reagire in modo eccessivo (sebbene l’attuale sentiment è che i prezzi abbiano in parte già scontato il rischio delle sanzioni. L’ampiezza e la durata dell’aumento, dunque, sarà determinata probabilmente da alcuni dettagli”.

Danien Courvalin di Goldman Sachs ritiene inoltre che una perdita di 250.000 barili al giorno dell’offerta iraniana possa far salire il target price fissato per questa estate per il Brent, pari a $82,50, di altri $3,50, fattore che implicherebbe un rialzo del 15% rispetto ai valori recenti.

L’annuncio del presidente Trump, in arrivo sanzioni contro Iran

Come al solito l’America First di Donald Trump è andata dritta per la sua strada, sorda a ogni appello di agire in team e non da sola. E, oltre ad affondare l’intesa, ha reso noto che le sanzioni economiche contro il paese saranno ripristinate. Ma le sanzioni andranno a colpire anche gli alleati, nel caso in cui dovessero lasciare intatti gli accordi commerciali che hanno siglato con Teheran.

“Imporremo sanzioni economiche al massimo livello – ha detto il presidente Trump – E qualsiasi nazione che aiutasse l’Iran nella sua ricerca di armi nucleari potrebbe essere soggetta anch’essa a forti sanzioni dagli Stati Uniti”.

Obiettivo: isolare Teheran dal sistema finanziario e dal commercio mondiali.

Il Tesoro Usa ha precisato nel suo sito che le sanzioni economiche non saranno reintrodotte in Iran immediatamente, ma saranno soggette a periodi di 90 e 180 giorni. In questi periodi, le compagnie estere che hanno siglato accordi con la controparte iraniana potranno o meglio dovranno ritirarsi dalle intese.

Il Tesoro ha aggiunto che le sanzioni prossime a essere ripristinate colpiranno il settore petrolifero del paese, le esportazioni di aerei, il commercio di metalli preziosi, e anche i tentativi del governo di Teheran di acquistare banconote di dollari Usa.

Non è mancata la minaccia all’Europa, con il consigliere alla Sicurezza Nazionale, John Bolton, che avrebbe detto secondo fonti della BBC che le società europee che fanno business con l’Iran dovranno porre fine alle loro attività nel paese entro sei mesi, o essere colpite anch’esse dalle sanzioni Usa.

L’accordo nucleare è stato definito “marcio e corrotto”, “un imbarazzo” per me “come cittadino”.

Unanime è stata la condanna dei paesi europei. Federica Mogherini, alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri, ha detto che l’Ue è “determinata a preservare” l’accordo. Il ministero degli esteri della Russia, altro paese che aveva firmato l’intesa, ha riferito di essere “profondamente deluso”.

Un’altra condanna è arrivata anche dal presidente francese Emmanuel Macron.

“La Francia, la Germania e il Regno Unito si rammaricano della decisione Usa di lasciare il JCPOA. Il regime di non proliferazione nucleare è a rischio”.

Macron ha aggiunto che “lavoreremo insieme su un piano più ampio, che disciplini l’attività nucleare, il periodo successivo al 2025, l’attività balistica, e la stabilità in Medio Oriente, soprattutto in Siria, Yemen, e Iraq”.

Fonte: FinanzaOnline  –  http://www.finanzaonline.com/notizie/trump-straccia-accordo-nucleare-iran-petrolio-schizza-al-rialzo-view-analisti