Istat rivede il Pil al ribasso, in terzo trimestre +15,9%

L’Istat rivede al ribasso le stime di crescita del terzo trimestre del 2020. Tra luglio e settembre il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è aumentato del 15,9% rispetto al trimestre precedente contro il +16,1% indicato il 30 ottobre scorso.

Nei confronti del terzo trimestre del 2019 l’economia italiana si è invece contratta del 5% contro il calo tendenziale del 4,7% rilevato ad ottobre. Ad essere rivista al ribasso è anche la stima del cosiddetto Pil acquisito, quello che si otterrebbe con una variazione nulla nel quarto trimestre. Dal -8,2% calcolato ad ottobre, l’Istat è passato a -8,3%. La variazione acquisita del Pil italiano per il 2020 è pari a -8,3%. Lo calcola l’Istat che, in base alla revisione al ribasso del terzo trimestre, ha corretto anche la stima sulla fine dell’anno, precedentemente a -8,2%. Il dato acquisito è quello che si otterrebbe in presenza di una variazione congiunturale pari a zero nel quarto trimestre.

Ocse: Pil Italia crescerà al 4,3% in 2021 e 3,2% in 2022 – Dopo il brusco calo nel 2020, il Pil dell’Italia “dovrebbe crescere al 4,3% nel 2021 e al 3,2% nel 2022”: è quanto si legge nelle Prospettive Economiche dell’Ocse pubblicate oggi a Parigi. Il tasso di disoccupazione dell’Italia crescerà dal 9,4% del 2020 all’11% del 2021 e “resterà elevato”, al 10,9%, nel 2022: è quanto si legge nella scheda consacrata all’Italia delle Prospettive Economiche dell’Ocse pubblicate oggi a Parigi.

“La ripresa sarà lenta e disuguale”: questo l’avvertimento lanciato dall’Ocse nella scheda consacrata all’Italia delle Prospettive economiche pubblicate oggi a Parigi. L’organismo internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico insiste sul fatto che le restrizioni legate al coronavirus e l’incertezza peseranno sull’attività economica, gli investimenti e l’occupazione “fino al raggiungimento dell’immunità generale”, quando un vaccino efficace sarà stato distribuito ampiamente, stimolando il consumo e facilitando il risparmio”. Per l’Ocse, la crescita dei consumi dovrebbe ripartire, ma la propensione delle famiglie al risparmio “resterà elevato”. Gli investimenti dovrebbero trovare nuova linfa nel 2022, “poiché gli investimenti pubblici aumenteranno e le imprese in settori più resilienti” inizieranno a intraprendere “investimenti sostitutivi”. Al contrario, avverte l’Ocse, il settore dei servizi “si riprenderà più lentamente poiché la domanda interna e il turismo rimarranno deboli fino a quando un vaccino efficace non sarà ampiamente diffuso”. “Questo – sottolinea l’organismo – aggraverà il mercato del lavoro e le disuguaglianze regionali”.

Fonte: ANSA  –  https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2020/12/01/istat-rivede-pil-tal-ribasso-in-terzo-trimestre-159_7b5065a8-072f-4b0b-a631-f55ede81cb4d.html

Pil, l’Italia frena: +0,3%, il minimo dal 2014. Crescita zero, l’Ocse taglia le stime

Nel 2019 in volume il Pil è aumentato dello 0,3%, la crescita più bassa dal 2014 quando si era avuto un Pil stazionario. Lo rileva l’Istat, parlando di un “marcato rallentamento” rispetto alla crescita dello 0,8% del 2018. Il dato del 2019 è comunque al di sopra del +0,2% della stima preliminare dell’Istat, e del +0,1% previsto dal Governo. l rapporto fra debito pubblico e Pil nel 2019 è rimasto stabile al 134,8%, permanendo sui massimi storici segnati nel 2018 e 2016. Lo rileva l’Istat. Il governo, nella Nota di aggiornamento al Def, aveva previsto un livello pari al 135,7%. La pressione fiscale nel 2019 è salita al 42,4% dal 41,9% del 2019. Il dato del 2019 è il più alto dal 42,9% del 2015.

Nel 2019 il saldo primario della pubblica amministrazione, ossia la differenza fra entrate e uscite prima del pagamento degli interessi, ha registrato un avanzo pari all’1,7% del Pil. Il dato è il migliore dal 2013 quando era stato del 2%. Nel 2018 l’avanzo primario era stato pari a 1,5%.  Nel 2019 il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume nelle costruzioni (+2,6%) e nelle attività dei servizi (+0,3%) mentre è in calo nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (-1,6%) e nell’industria in senso stretto (-0,4%). Lo rileva l’Istat, spiegando che i giorni lavorativi rispetto al 2018 sono stati gli stessi.

Italia a crescita zero nel 2020. Secondo l’Interim Economic Outlook, che tiene conto dell’impatto legato al coronavirus, il nostro Pil scenderà dallo 0,2% del 2019 allo 0% nel 2020, un stima tagliata di 0,4 punti rispetto alla precedente stima di novembre. L’organismo internazionale con sede a Parigi prevede invece uno 0,5% per il 2021, invariato rispetto a novembre. Per l’Ocse, non solo l’Italia, ma l’intera economia mondiale è attualmente “a rischio”. Rischio coronavirus sull’economia mondiale. La crescita del Pil globale dovrebbe rallentare ulteriormente, al 2,4% nel 2020, contro il 2,9% del 2019. La previsione viene tagliata di 0,5 punti rispetto alle precedenti previsioni di novembre. A cominciare dalla Cina, ormai stimata sotto la soglia del 5% (4,9%) di Pil nel 2020, prima di una prevista risalita oltre il 6% nel 2021.

Fonte: ANSA  –  https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2020/02/13/pil-litalia-frena-03-il-minimo-dal-2014_915ba9a4-212e-4f92-819a-68afa9b230f9.html

Ocse: Pil Italia +0,4% in 2020, +0,5% in 2021

La crescita del Pil italiano dovrebbe riprendere “molto gradualmente”, allo 0,4% nel 2020 e allo 0,5% nel 2021, contro lo 0,2% del 2019: è quanto emerge dalle Prospettive economiche dell’Ocse.

Da un lato peseranno la “fiacca domanda esterna” e le “persistenti incertezze” legate agli attriti commerciali globali dall’altro “i consumi interni dovrebbero crescere in modo moderato, spinti dalla stabilizzazione della fiducia dei consumatori e dai tagli al cuneo fiscale per molti lavori dipendenti”.

Inoltre – sottolinea l’Ocse – “con la riduzione delle incertezze legate alla politica interna, le condizioni di finanziamento diverranno più agevoli e gli incentivi fiscali dovrebbero sostenere gli investimenti”.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/11/21/ocse-pil-italia-04-in-2020-05-in-2021_f6bc954e-2114-44f8-9e0b-e6353d70f595.html

Allarme dell’Ocse sulla crescita mondiale. Italia +0,4% nel 2020

Allarme dell’Ocse sulla crescita: secondo le nuove stime, la crescita mondiale dovrebbe rallentare al 2,9% nel 2019 (-0,3 punti sulle precedenti stime di maggio) e al 3% nel 2020 (-0,4 punti), i livelli più bassi dai tempi della crisi finanziaria. Per l’Italia si prevede una crescita pari zero nel 2019 (invariato rispetto a maggio) e dello 0,4% nel 2020 (-0,2 punti sull’Outlook precedente). Dati rivisti al ribasso anche per la zona euro, con una crescita all’1% nel 2019 (-0,1 punti rispetto a maggio) e 1,1% nel 2020 (-0,4 punti rispetto a maggio).

Le prospettive economiche mondiali continuano ad oscurarsi”: questo il messaggio lanciato dalla capoeconomista dell’Ocse, Laurence Boone, nel corso della conferenza stampa di presentazione a Parigi dell’Interim Economic Outlook che lancia un forte avvertimento sulla crescita debole all’orizzonte. Per l’Ocse, “le tensioni commerciali e politiche alimentano i rischi di una crescita debole duratura”. “I poteri pubblici – prosegue l’organismo – possono contrastare la forte crescita dei costi legati all’incertezza e investire maggiormente”.

“Deve far riflettere il dato Ocse di questa mattina”, avverte il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia. “C’è una crescita mondiale che arretra, occorre una operazione di realismo nel Paese. E da questo ripartire, reagire e darsi grandi obiettivi e priorità”, dice a margine del forum per i 15 anni di Fondimpresa.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/09/19/ocse-allarme-sulla-crescita-mondiale_766d0c2e-cb2b-4386-9cce-171161c5907e.html

Ocse: il Pil frena nel secondo trimestre, Italia ultima nel G7

Aumenta nel primo trimestre 2019 il reddito delle famiglie nei Paesi Ocse e nell’Eurozona. L’andamento è positivo anche in Italia che però si piazza comunque sotto la media dell’organizzazione parigina e dell’area euro. La crescita nel nostro Paese è stata dello 0,5% contro il +0,6% dell’Ocse e il +0,7% di Eurolandia. Secondo i dati della stessa Ocse, in Germania l’aumento è stato dello 0,6%, in Francia dello 0,8%, negli Stati Uniti e in Canada dello 0,9%. Peggio di noi fa solo il Regno Unito (+0,3%), che mostra però un dato migliore nel cumulato degli ultimi 8 trimestri.

Tra i Paesi del G7, rileva l’Ocse nelle ultime statistiche trimestrali, la crescita del Pil ha subito tra il primo e il secondo trimestre del 2019 un marcato rallentamento nel Regno Unito (a -0,2% dal +0,5% nel trimestre precedente) e in Germania (a -0,1% da +0,4%). La crescita del Pil ha rallentato, ma più moderatamente, negli Stati Uniti e in Giappone (rispettivamente al +0,5% e al +0,4%, dal +0,8% e dal +0,7% nel trimestre precedente) e, marginalmente, in Francia (da +0,3% a +0,2%) e in Italia (da +0,2% a zero).

La frenata è visibile anche nei dati relativi all’Unione europea (da +0,5% a +0,2%) e a Eurolandia (da +0,4% a +0,2%). Su base annua l’area Ocse ha registrato un aumento del Pil dell’1,6%. Tra le sette principali economie, gli Stati Uniti hanno messo a segno la crescita annuale più elevata (+2,3%), mentre l’Italia, sottolinea l’organizzazione, ha registrato la crescita annuale più bassa (0,0%). La Germania è cresciuta dello 0,4% e la Francia dell’1,3%. Il Pil del Regno Unito è aumentato dell’1,2%. La media dell’Unione europea è stata di +1,3% e quella di Eurolandia di +1,1%.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/08/26/ocse-il-pil-frena-nel-secondo-trimestre-italia-ultima-nel-g7_af235c08-139a-45a8-b2d9-beda0d5502ea.html

L’allarme Ocse sui corporate bond: un «trilione» in scadenza per i prossimi 5 anni

Una montagna di debito, un castello di carta di dimensioni mai viste in precedenza che rischia di crollare alla prossima recessione o rallentamento economico. L’Ocse non è certo la prima organizzazione a lanciare un allarme sui corporate bond, le obbligazioni emesse a piene mani dalle società non finanziarie in questo ultimo decennio di politiche ultra-espansive da parte delle Banche centrali, ma i dati pubblicati dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico provocano timori più che legittimi. A partire dall’ammontare di titoli che circolano sul mercato, che a fine 2018 sfiorava i 13mila miliardi di dollari: oltre il doppio rispetto a 10 anni fa, quando la più profonda crisi finanziaria che si ricordi stava per scoppiare.

Un fenomeno ormai globale
Rispetto al 2008 una delle differenze più significative e temute riguarda l’ampiezza del fenomeno. Oltre alle economie avanzate (più di 10mila miliardi, con gli Stati Uniti che fanno ovviamente la parte del leone con quasi 6mila miliardi) stavolta risultano pienamente coinvolti anche i Paesi emergenti (con titoli per 2.780 miliardi, poco meno dell’Europa). In particolare la Cina (1.720 miliardi), da molti è additata come l’area di rischio principale vista la trasparenza ancora approssimativa dei mercati, ormai è diventata il secondo emittente corporate più grande a livello mondiale in termini di ammontare annuo.

La carica delle «Triple B»
Non si tratta però soltanto di una questione meramente quantitativa: «Anche i rischi e le vulnerabilità nel mercato del debito societario sono significativamente diversi da quelli del precedente ciclo pre-crisi», nota l’Ocse, ricordando come da una parte la quota di obbligazioni investment grade di qualità inferiore (cioè le «Triple B») si attesti al massimo storico vicina al 54% (era appena al 30% nel 2008) e dall’altra vi sia nel frattempo «stata una netta diminuzione dei diritti delle obbligazioni societarie che potrebbe amplificare gli effetti negativi in caso di stress del mercato». Il problema, sottolineano sotto questo aspetto gli analisti, è che «nel caso di uno shock finanziario simile a quello del 2008, obbligazioni societarie per 500 miliardi rischiano di essere trasferite nel mercato high yield entro un anno», costringendo così i fondi che seguono in modo passivo i benchmark (la stragrande maggioranza) a vendite automatiche difficili da assorbire da investitori non-investment grade.

A peggiorare ulteriormente la situazione, sempre nel caso di un’eventuale recessione o di un rallentamento marcato dell’economia reale, contribuisce il fatto che le società si troveranno ad affrontare livelli record di rimborsi a breve e medio termine. A partire dal dicembre 2018, le società delle economie avanzate dovranno pagare o rifinanziare 2.900 miliardi di dollari in 3 anni e quelle dei Paesi emergenti 1.300 miliardi: due dati che, se messi insieme come nota l’Ocse, valgono una cifra «vicina al valore totale del bilancio della Federal Reserve».

Il «muro» da un trilione di dollari l’anno
Per le economie avanzate, in particolare, si profila di fronte alla vista un vero e proprio «muro di scadenze» costituito da quasi un trilione (cioè mille miliardi di dollari) all’anno per il prossimo quinquennio. Ma l’impatto rischia di essere ancora più significativo per i Paesi emergenti, visto che «l’importo dovuto entro i prossimi 3 anni ha raggiunto il record del 47% del totale delle consistenze, quasi il doppio della percentuale nel 2008”.

In calo le protezioni dei «covenant»
Riguardo alle emissioni high yield, l’Ocse rileva infine anche una marcata diminuzione dell’utilizzo di strumenti di protezione quali i covenant, clausole inserite in modo apposito in un contratto obbligazionario per proteggere i diritti dei possessori di obbligazioni. Se infatti è vero che per le emissioni di qualità elevata il livello di covenant si è mantenuto pressoché invariato fra il 16 e il 18% nell’ultimo decennio, quando si guarda ai non investment grade l’utilizzo della «protezione» è sceso nel medesimo periodo dal 47% al 34 per cento. «La riduzione del divario fra le obbligazioni investment grade non investment grade sfida la tradizionale relazione tra qualità del bond e il grado di protezione richiesto dagli investitori», rileva ancora l’Ocse, sottolineando come questa dinamica possa «influenzare negativamente i loro portafogli».

Fonte: Il Sole 24 Ore – https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2019-02-26/l-allarme-ocse-corporate-bond-trilione-scadenza-i-prossimi-5-anni-170619.shtml?uuid=ABsWhUYB

Ocse: stima pil Italia 2018 cala a +1,2%

La crescita italiana dovrebbe calare all’1,2% nel 2018, contro la stima di maggio dell’1,4%.
Per il 2019 invece rimane invariata all’1,1%. E’ quanto si legge nelle previsioni intermedie dell’Ocse, l’organismo per lo sviluppo e la cooperazione economica, diffuse oggi a Parigi. La prospettiva di una “crescita, più moderata è probabile in Italia, con incertezze rispetto alla scelta delle politiche.
Tassi di interesse più alti, e rallentamento della creazione di posti di lavoro trattengono i consumi”.
La prospettiva di una “crescita più moderata è probabile in Italia, con incertezze rispetto alla scelta delle politiche. Tassi di interesse più alti, e rallentamento della creazione di posti di lavoro trattengono i consumi”.

La capo economista dell’Ocse, Laurence Boone, lancia un appello all’Italia affinché “non disfi tutte le buone riforme fatte del precedente governo, che conosciamo e di cui abbiamo tante volte parlato”.

Fonte: ANSA  –   http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2018/09/20/ocse-stima-pil-italia-2018-cala-a-12_6c763d9c-60ae-4f22-94d4-64000fcbeb43.html

Ocse: “L’Italia rallenta”

L’Italia è l’unico Paese del G7 che nel secondo trimestre dell’anno ha registrato un rallentamento della crescita. E’ quanto scrive l’Ocse in un comunicato, rendendo note le ultime rilevazioni sull’andamento del pil. Nel secondo trimestre dell’anno – riferisce l’organizzazione internazionale con sede a Parigi – il pil nell’area dell’Ocse è cresciuto dello 0,6%, in lieve miglioramento rispetto al +0,5% registrato nel trimestre precedente, mentre rispetto al secondo trimestre del 2017 ha rallentato a +2,5% (contro +2,6% nel trimestre precedente).

In particolare, nei paesi del G7 la crescita del pil ha fortemente accelerato negli Usa a +1% (contro +0,5% nel primo trimestre) e in Giappone +0,5% dopo -0,2% nei primi tre mesi del 2018. In Germania il pil ha registrato una crescita dello 0,5% (+0,4% nel primo trimestre), nel Regno Unito dello 0,4% (+0,2% nel primo). In Francia la crescita è rimasta stabile allo 0,2% mentre in Italia ha rallentato a +0,2% contro +0,3% nei primi tre mesi dell’anno.

Nell’Ue e nell’area dell’euro, invece, il pil è rimasto stabile a +0,4% nel secondo trimestre dell’anno.

Fonte: ADNKronos  –  http://www.adnkronos.com/soldi/economia/2018/08/27/ocse-italia-rallenta_5qm3mfwvJvkHzeahOXIIzN.html