Gualtieri: ‘Manovra da 40 miliardi con recovery, 22 in deficit

Un rimbalzo del Pil fino a +6%, grazie a una manovra da 40 miliardi tra margini di deficit e anticipo dei fondi del Recovery Plan.

Al termine di una lunga giornata di riunioni tecniche e politiche il governo trova una “forte intesa” sul nuovo quadro macroeconomico da disegnare con la Nota di aggiornamento al Def, che sarà presentato domani in serata in Consiglio dei ministri per essere approvato, però, in una riunione successiva domenica, quando sul tavolo del governo arriveranno anche le modiche ai decreti sicurezza. L’Italia è “resiliente” aveva assicurato il premier, Giuseppe Conte, in mattinata, ribadendo che il Pil, nonostante la crisi innescata dal Coronavirus, registrerà un crollo ma a una sola cifra. Il prodotto interno lordo nella Nadef sarà atteso infatti a -9% nel 2020, con un rimbalzo al +6% nel 2021 – con il debito al 158% del Pil – grazie anche alla “forte ripresa degli investimenti pubblici” spinta dal Recovery Plan. Un ritmo di crescita così sostenuto sarà garantito infatti sia dai fondi Ue sia da una “espansione fiscale molto significativa” per il 2021, con l’indebitamento che da 5,7 tendenziale sarà portato al 7%. Si aprono quindi margini di deficit per la manovra da circa 21-22 miliardi che, uniti ai primi fondi europei garantirà risorse per 40 miliardi, come ha spiegato in tv il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Proprio l’utilizzo – e la relativa contabilizzazione – dei fondi europei anti-Covid è uno dei nodi che ha rallentato e reso più complessa la stesura del documento che farà da cornice alla prossima legge di Bilancio.

Fonte: ANSA  –  https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/aziende/2020/09/29/gualtieri-manovra-da-40-miliardi-con-recovery-22-in-deficit-_10c51b7e-73c2-4c42-8240-9e9db4a81070.html

Pil, l’Italia frena: +0,3%, il minimo dal 2014. Crescita zero, l’Ocse taglia le stime

Nel 2019 in volume il Pil è aumentato dello 0,3%, la crescita più bassa dal 2014 quando si era avuto un Pil stazionario. Lo rileva l’Istat, parlando di un “marcato rallentamento” rispetto alla crescita dello 0,8% del 2018. Il dato del 2019 è comunque al di sopra del +0,2% della stima preliminare dell’Istat, e del +0,1% previsto dal Governo. l rapporto fra debito pubblico e Pil nel 2019 è rimasto stabile al 134,8%, permanendo sui massimi storici segnati nel 2018 e 2016. Lo rileva l’Istat. Il governo, nella Nota di aggiornamento al Def, aveva previsto un livello pari al 135,7%. La pressione fiscale nel 2019 è salita al 42,4% dal 41,9% del 2019. Il dato del 2019 è il più alto dal 42,9% del 2015.

Nel 2019 il saldo primario della pubblica amministrazione, ossia la differenza fra entrate e uscite prima del pagamento degli interessi, ha registrato un avanzo pari all’1,7% del Pil. Il dato è il migliore dal 2013 quando era stato del 2%. Nel 2018 l’avanzo primario era stato pari a 1,5%.  Nel 2019 il valore aggiunto ha registrato aumenti in volume nelle costruzioni (+2,6%) e nelle attività dei servizi (+0,3%) mentre è in calo nell’agricoltura, silvicoltura e pesca (-1,6%) e nell’industria in senso stretto (-0,4%). Lo rileva l’Istat, spiegando che i giorni lavorativi rispetto al 2018 sono stati gli stessi.

Italia a crescita zero nel 2020. Secondo l’Interim Economic Outlook, che tiene conto dell’impatto legato al coronavirus, il nostro Pil scenderà dallo 0,2% del 2019 allo 0% nel 2020, un stima tagliata di 0,4 punti rispetto alla precedente stima di novembre. L’organismo internazionale con sede a Parigi prevede invece uno 0,5% per il 2021, invariato rispetto a novembre. Per l’Ocse, non solo l’Italia, ma l’intera economia mondiale è attualmente “a rischio”. Rischio coronavirus sull’economia mondiale. La crescita del Pil globale dovrebbe rallentare ulteriormente, al 2,4% nel 2020, contro il 2,9% del 2019. La previsione viene tagliata di 0,5 punti rispetto alle precedenti previsioni di novembre. A cominciare dalla Cina, ormai stimata sotto la soglia del 5% (4,9%) di Pil nel 2020, prima di una prevista risalita oltre il 6% nel 2021.

Fonte: ANSA  –  https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2020/02/13/pil-litalia-frena-03-il-minimo-dal-2014_915ba9a4-212e-4f92-819a-68afa9b230f9.html

Fmi: Pil Italia +0,5% nel 2020, resterà ai minimi Ue

Una crescita intorno allo 0,5% per il 2020 dopo lo 0,2% stimato per il 2019, e sullo 0,6-0,7% nei prossimi anni, al livello più basso dell’intera Unione europea.

E’ quanto prevede il Fondo monetario internazionale nel suo rapporto Article IV sull’Italia, alla luce di una “debole crescita potenziale”. “L’avverarsi di shock, come un’escalation delle tensioni commerciali, una frenata negli scambi con i principali patner o eventi geopolitici – avverte il Fmi – potrebbero comportare prospettive molto più deboli”. Secondo il Fondo il deficit dovrebbe essere “circa il 2,4% del Pil nel 2020″ e poi in lieve calo, mentre il debito resterà vicino al 135% nel medio termine, prima di salire nel lungo termine a causa della spesa pensionistica. E’ scritto nel rapporto Article IV del Fmi sull’Italia. Che apre a un bilancio “neutrale” quest’anno, per poi “approfittare degli attuali bassi tassi d’interesse per mettere in atto un credibile consolidamento di medio termine” che porti a un surplus di mezzo punto entro il 2025.

TAGLIARE LE TASSE. L’Italia può puntare a tagliare ulteriormente il cuneo fiscale, che al 48% è molto più alto del 42% della media Ue, ampliando la base imponibile Iva, mettendo mano alle rendite catastali e proseguendo nella lotta all’evasione fiscale. Lo suggerisce la missione Article IV del Fondo monetario internazionale ipotizzando un intervento “più ambizioso” sul cuneo, pari al 2% del Pil, dopo gli interventi che lo hanno ridotto di uno 0,2-0,3% del Pil nel 2020-2021.

BANCHE SOLIDE. La capitalizzazione e la qualità degli attivi delle banche sono migliorate considerevolmente“, tuttavia “restano sfide importanti”. Lo si legge nel rapporto Article IV del Fondo monetario internazionale che nota una generazione di utili che “rimane bassa, specie per le banche di piccole e medie dimensioni”; la dipendenza ancora alta dalle misure straordinarie di liquidità della Bce; e un intensificarsi delle misure correttive che “ha generalmente richiesto tempo”. “Come principio generale – nota il documento – occorre porre attenzione all’uso dell’amministrazione straordinaria in modo che non ritardi azioni decisive ove necessarie”. Inoltre “l’uso preventivo dello schema di garanzia di depositi dovrebbe essere evitato il più possibile”.

PENSIONI. L’Italia deve mantenere l’età del ritiro legata all’aspettativa di vita e deve assicurare equità attuariale per il pensionamento anticipato “legando strettamente gli assegni ai contributi versati nell’arco della vita lavorativa”. Lo afferma il Fondo monetario internazionale nel Rapporto Article IV sull’Italia. Il Fondo monetario afferma che l’Italia ha fatto più della maggioranza degli altri Paesi nelle riforme sulla previdenza generando risparmi nel lungo periodo ma anche che Quota 100 “ha aumentato la spesa e creato una discontinuità nell’età del ritiro”.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2020/01/29/fmi-pil-italia-05-nel-2020-restera-ai-minimi-ue_04f7d0c1-44c0-4237-8fe3-38cf9e42775e.html

Istat: la spesa delle famiglie cresce più del reddito

Nel terzo trimestre del 2019, la crescita del reddito delle famiglie si è tradotta in maggiore consumi, con un aumento della spesa dello 0,4% rispetto al secondo trimestre. Lo rileva l’Istat, aggiungendo che ne consegue una “marginale” riduzione della propensione al risparmi, pari all’8,9% (-0,1 punti percentuali sul trimestre precedente). “Tale flessione – spiega l’Istituto di statistica – deriva da una crescita della spesa per consumi finali lievemente più sostenuta rispetto a quella registrata per il reddito disponibile lordo (+0,4% e +0,3% rispettivamente)”.
Il reddito disponibile delle famiglie, infatti, nel terzo trimestre del 2019 sale ancora (è in positivo dall’inizio dell’anno) ma la crescita congiunturale, pari allo 0,3%, perde vigore rispetto al trimestre precedente (+1,0%). Stesso discorso per il potere d’acquisto, che registra identici valori, “grazie alla dinamica nulla dell’inflazione”.

Nel terzo trimestre 2019 l’indebitamento delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari all’1,8%, invariato sullo stesso trimestre del 2018, sottolinea l’Istat, aggiungendo che nei primi 9 mesi del 2019 il rapporto deficit-Pil è stato del 3,2%, in miglioramento sullo stesso periodo dell’anno prima (3,4%). Il dato è il più basso dal 2007. Sempre nel terzo trimestre, la pressione fiscale è stata pari al 40,3% -0,1 punti percentuali sullo stesso periodo del 2018. Il dato cumulato dei primi nove mesi è pari al 39,2% del Pil, il valore più alto dal 2015.

La spesa per interessi passivi, quelli pagati sul debito, scende nel terzo trimestre del 2019 a 15 miliardi e 199 milioni, da 16 miliardi e 86 milioni dello stesso periodo del 2018, con un risparmio quindi di quasi 900 milioni, precisamente 887 milioni di euro.

L’Inflazione, il tasso annuo di crescita dei prezzi, a dicembre risale, risultando pari allo 0,5%. Lo rileva l’Istat nelle stime preliminari, ricordando che a novembre ci si era fermati allo 0,2%. Più che un raddoppio quindi, ma l’Istituto di statistica avverte come il rialzo sia dovuto “principalmente” all’accelerazione dei prezzi dei carburanti, “componete – rimarca l’Istat – molto volatile del paniere”.

Il tasso d’inflazione per il 2019 si attesta allo 0,6%, un valore dimezzato rispetto a quello del 2018 (+1,2%). Un dato che, sottolinea lo stesso Istituto di statistica, conferma “la debolezza” mostrata dall’indice nel corso dell’intero anno.

A dicembre il cosiddetto ‘carrello della spesa’, segna su base annua una crescita dello 0,8%, in accelerazione rispetto allo 0,5% di novembre.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2020/01/07/istat-spesa-famiglie-su-piu-del-reddito_6ba74df4-b316-413a-94e3-36ac463f87c6.html

Fmi migliora le stime sul deficit di bilancio italiano

Il Fondo monetario internazionale ha migliorato le sue stime sul bilancio italiano corretto per il ciclo economico. È quanto emerge da un confronto tra le tabelle contenute nel Fiscal Monitor pubblicato oggi con quelle dell’edizione primaverile. Ora, per il nostro Paese, il Fondo si aspetta un deficit dell’1,5% per il 2019, rispetto al 2,1% atteso ad aprile e all’1,6% atteso nell’ottobre del 2018. Nell’ottobre 2017, l’istituto prevedeva un pareggio strutturale dal 2019.

Per il 2020, è atteso un deficit del 2,1%, anziché del 3,2%; per il 2021 è stimato un deficit del 2,3% invece che del 3,5%. Per il 2022, previsto un deficit del 2,4% e non più del 3,8%. Per il 2023 e 2024, attesi dati al 2,4% e al 2,6%.

Negli ultimi mesi “i mercati finanziari globali sono stati sottoposti alla pressione delle tensioni commerciali e dell’incertezza politica. Questo ha provocato un deterioramento della fiducia delle imprese, un indebolimento dell’attività economica e un aumento dei rischi al ribasso”. Per contrastare questo contesto “molte banche centrali hanno adottato una politica monetaria più accomodante”. Lo si legge nel Global Financial Stability Report del Fondo Monetario Internazionale.

Le condizioni finanziarie a livello globale sono diventate più accomodanti rispetto a sei mesi fa, in particolare negli Stati Uniti e nell’Eurozona. Questo, secondo gli economisti dell’Fmi, “ha supportato la crescita economica e contribuito a contenere i rischi al ribasso per le prospettive a breve termine, ma ha anche incoraggiato ad aumentare il rischio finanziario, provocando un accumulo degli elementi di vulnerabilità”.

Le vulnerabilità sul debito non bancario globale sono aumentate all’80% del Pil mondiale, su livelli simili a quanto visto al culmine della crisi finanziaria globale.

Le società stanno contraendo più debito e la loro capacità di rifinanziarlo e ripagarlo si sta indebolendo. In caso di un significativo rallentamento economico, i “debiti a rischio potrebbero salire a 19.000 miliardi di dollari”, avvertono dall’Fmi. Per ridurre i rischi, le banche centrali dovrebbero implementare e sviluppare strumenti macroprudenziali, mantenendo un controllo finanziario rigoroso.

Fonte: Milano Finanza  –  https://www.milanofinanza.it/news/fmi-migliora-le-stime-sul-deficit-di-bilancio-italiano-201910161619019633

Istat: migliora il deficit ma sale la pressione fiscale, su anche il potere d’acquisto

Nel secondo trimestre 2019 l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari all’1,1%, migliorando di 0,2 punti rispetto all’1,3% dello stesso trimestre del 2018. Lo rileva l’Istat aggiungendo che complessivamente, nei primi due trimestri del 2019, il rapporto deficit-pil è risultato pari al 4% anche qui in calo a confronto con il 4,2% del corrispondente periodo dell’anno prima. Si tratta del dato semestrale migliore dal 2000, ovvero da 19 anni.

Nel secondo trimestre del 2019 il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dello 0,9% rispetto al trimestre precedente, sia in termini nominali sia in termini reali, ovvero di potere d’acquisto. Si registra così un’accelerazione a confronto con i primi tre mesi dell’anno. Quanto alla capacità di spesa, il progressivo recupero, si spiega, è favorito dalla “dinamica quasi nulla dei prezzi al consumo”.

Intanto nello stesso trimestre la pressione fiscale è stata pari al 40,5%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Guardando ai primi sei mesi dell’anno il dato cumulato risulta pari al 38,6%. Anche in questo caso si registra un rialzo, con una crescita di 0,5 punti.

La propensione al risparmio delle famiglie nel secondo trimestre del 2019 è stata pari all’8,9%, in aumento di 0,8 punti percentuali rispetto al trimestre precedente. Il rialzo secondo l’Istat “riflette una crescita della spesa per consumi finali decisamente meno sostenuta rispetto a quella registrata per il reddito disponibile lordo”. La spesa infatti rimane quasi ferma rispetto al trimestre precedente (+0,1%).

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2019/10/04/istat-giu-il-deficit-ma-sale-la-pressione-fiscale-su-anche-il-potere-dacquisto_2d7a3b0e-5065-4053-91d4-ab05b26c7236.html

Istat rivede al ribasso la crescita 2018 a +0,8%. La stima deficit-Pil peggiora al 2,2%

Nel 2018 la crescita del Pil in volume è stata pari allo 0,8%, con una revisione al ribasso di 0,1 punti percentuali rispetto alla stima diffusa ad aprile, che dava il Prodotto interno lordo in aumento dello 0,9%. Lo rileva l’Istat che ha ricostruito le serie dei conti nazionali, in occasione della revisione generale programmata dall’Istituto a cinque anni dall’ultima. Non cambia invece il Pil del 2017, che resta (+1,7%). Ecco che in un anno la crescita si è più che dimezzata.

La pressione fiscale complessiva nel 2018 risulta pari al 41,8%, in miglioramento rispetto al 42,1% stimato ad aprile. Lo rileva l’Istat, che ha rivisto in calo anche il dato del 2017, per cui vale la stessa correzione (-0,3 punti percentuali). E’ quindi confermata la stabilità anno su anno.

L’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil è stato pari nel 2018 al 2,2%. Lo rileva l’Istat, segnando così una revisione in rialzo rispetto alla stima precedente, che dava il deficit al 2,1% del Prodotto interno lordo. Il dato resta comunque in miglioramento a confronto con il 2,4% del 2017.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/09/23/pil-istat-rivede-al-ribasso-il-2018-crescita-08.-la-stima-deficit-pil-peggiora-al-22-_2afee093-c368-4881-80ab-83f46360deda.html

Istat: pressione fiscale primi tre mesi al 38%, top dal 2015

La pressione fiscale nei primi tre mesi del 2019 è risultata del 38,0%, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. E’ il dato più alto dal 2015. Lo rileva l’Istat, precisando che anche in questo caso vale solo il confronto annuo, tra stessi trimestri. Nel primo la pressione fiscale, come sempre si osserva, mostra un livello più basso rispetto al resto dell’anno.

Nei primi tre mesi del 2019 il potere d’acquisto delle famiglie è cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,9%. Un aumento che arriva dopo due cali consecutivi. Torna così a segnare un nuovo massimo dal 2012, ma resta ancora sotto il picco pre-crisi, toccato nel 2007 (-5,7%). Lo rileva l’Istat parlando di “un marcato recupero” del reddito che, “grazie alla frenata dell’inflazione, si è trasferito direttamente in crescita del potere d’acquisto”.

consumi delle famiglie nei primi tre mesi del 2019 sono cresciuti in termini nominali dello 0,2%, frenando su base congiunturale (erano aumentati dello 0,6% alla fine del 2018). Lo rileva l’Istat. Invece, la propensione al risparmio delle famiglie è stata pari all’8,4%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente.

Nel primo trimestre del 2019 il rapporto tra deficit e Pil è stato pari al 4,1%. Lo rileva l’Istat, evidenziando come l’incidenza dell’indebitamento sia “scesa lievemente” rispetto allo stesso periodo del 2018. L’Istat diffondendo il dato ricorda che il deficit mostra un andamento stagionale e che il confronto può essere fatto solo su base annua.

Fonte: ANSA  –  http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/06/26/istat-pressione-fiscale-primi-tre-mesi-a-38-top-2015_3a8203d3-6c86-4f75-ae44-e29c7bbd7372.html

Spread, allarme Bankitalia

Fino a oggi l’impatto dell’aumento delle spread su prestiti a famiglie e imprese è stato limitato, ma iniziano ad emergere tensioni”. Lo ha detto il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, in un intervento all’Aaron Institute for Economic Policy Conference 2019. 
Come ha spiegato, “le condizioni del credito bancario si sono irrigidite soprattutto per le piccole imprese. Questo – ha detto Visco – sta avvenendo a causa dell’aumentare dei costi della raccolta bancaria ma anche per via delle previsioni economiche che peggiorano”.
Lo spread italiano ”all’inizio di questa settimana è andato oltre i 270 punti base, più del doppio rispetto all’inizio del 2018 e prima delle elezioni politiche. L’elevato rapporto debito pubblico/Pil espone l’Italia alla volatilità dei mercati finanziari”, ha detto ancora Visco. ”La durata media residua del debito pubblico è superiore a 7 anni. Pertanto – ha aggiunto – l’impatto iniziale dei più alti tassi di interesse sui costi di servizio rimane limitato ma, se l’aumento dei tassi dovesse persistere, peserebbe inevitabilmente sulla spesa. Ridurre il debito ”mantenendo un adeguato avanzo primario, è quindi di vitale importanza”, ha aggiunto il governatore che ha avvertito: uno spread alto nel lungo termine ”finirebbe inevitabilmente per danneggiare l’economia reale. Una strategia credibile per ridurre a medio termine l’onere dell’elevato debito pubblico dell’Italia non può più essere rinviata”.

Bisogna evitare messaggi che creano tensioni gratuite e fanno elevare lo spread” , ha detto dal canto suo il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia alla Camera, prima di partecipare ad un convegno su un rapporto Ocse sulla crescita sostenibile, ha risposto a una domanda sui rischi legati ai recenti rialzi dello spread sulla scia delle dichiarazioni del vice premier Matteo Salvini sul superamento dei vincoli Ue.

Fonte: ADNKronos  –  https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2019/05/16/inizia-pesare-famiglie-allarme-bankitalia-spread_EFSwpkOs1puTBmrAtantQJ.html

 

“Lo spread lo monitoriamo, lo teniamo d’occhio. C’è preoccupazione ma non siamo ossessionati”, ha commentato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Per il vicepremier Matteo Salvini “stanno tentando gli ultimi colpi di coda perché hanno capito che per la prima volta l’Europa può cambiare. Con il voto del 26 maggio non solo in Italia ma anche in Austria, Germania, Olanda, Svezia, Francia si può cambiare rimettendo al centro il lavoro, i diritti, la famiglia e non la finanza e il business. Usano lo spread per intimorire”.

Tria: “Una follia l’aumento dell’Iva. Nessuna manovra correttiva”

Non ci sarà nessun aumento dell’Iva: parola del ministro dell’Economia Tria.  “Sono tutte follie -dice- non solo perché non ne parliamo, ma perché sarebbe sbagliato fare questo dal punto di vista della politica economica. Perché si deve fare una manovra per mettere più in difficoltà le imprese italiane?”.Lo ha detto nel corso della trasmissione Quarta Repubblica ad una domanda sulle ipotesi di aumento ‘selettivo’ dell’Iva. 

Non solo . “Questa storia della manovra correttiva è quasi una fissazione, non la capisco. Noi siamo tra la stagnazione e la recessione, cosa si intende per manovra correttiva? Più tasse e meno spesa. Mi chiedo, in una situazione come quella dell’Italia e dell’Europea è utile? Non bisogna essere keynesiani per capire che non è il momento“. Lo ha detto il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, nel corso della trasmissione Quarta Repubblica. Il deficit, ha assicurato, “viene tenuto sotto controllo”.

E sulla Tav il ministro precisa: ‘Nessuno investe in Italia se il governo cambia i patti’.   “Non mi interessa l’analisi costi-benefici. Il problema non è la Tav, il problema è che nessuno verrà mai a investire in Italia se il Paese mostra che un governo che cambia non sta ai patti, cambia i contratti, cambia le leggi e le fa retroattive. Questo è il problema, non la Tav” ha detto Giovanni Tria, nel corso della trasmissione Quarta Repubblica. “Bisogna portare avanti l’economia italiana”, ha aggiunto. 

Fonte: ANSA – http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/02/25/tria-una-follia-laumento-delliva.-no-a-manovra-correttiva_afb56297-7257-4876-a270-217218e5f52c.html