Il D.Lgs 139/2015, recependo la Direttiva 2013/34/UE, ha introdotto per i bilanci che hanno inizio a partire dal 1° gennaio 2016 il criterio del costo ammortizzato.
Tale criterio ha validità per titoli immobilizzati, crediti e debiti.
Sono esentate:
- le società che redigono il bilancio in forma abbreviata (art. 2435-bis) e le micro-imprese (art. 2435-ter)
- tutte le società quando gli effetti economici connessi sono irrilevanti. Ai sensi dell’art. 2423 comma 4 del codice civile si può presumere che gli effetti siano irrilevanti se:
− i crediti/debiti sono a breve termine (ossia con scadenza inferiore ai 12 mesi) o se
− i costi di transazione, le commissioni e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza sono di scarso rilievo.
Il codice civile non contiene una definizione di “costo ammortizzato”, ma l’articolo 2426 c. 2 rinvia espressamente ai principi contabili internazionali adottati dall’Unione europea.
Il costo ammortizzato è quindi così definito dallo IAS 39: “Il costo ammortizzato di un’attività o passività finanziaria è il valore a cui l’attività o la passività finanziaria è stata valutata al momento della rilevazione iniziale al netto dei rimborsi di capitale, aumentato o diminuito dall’ammortamento cumulato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo su qualsiasi differenza tra il valore iniziale e quello a scadenza e dedotta qualsiasi riduzione (operata direttamente o attraverso l’uso di un accantonamento) a seguito di una riduzione di valore o di irrecuperabilità”.
L’applicazione di tale criterio impone perciò di ripartire i costi o i ricavi derivanti dallo strumento finanziario (titolo, credito o debito) lungo tutta la durata dell’attività o della passività. Quando il valore di iscrizione iniziale e il valore di rimborso coincidono e gli interessi sono costanti per tutto il periodo, il criterio del costo ammortizzato coincide con quello del costo storico o del valore nominale, in quanto il tasso di interesse nominale (incassato o pagato) è identico a quello effettivo. Laddove, invece, vi siano differenze fra valore iniziale e valore di rimborso (per effetto di costi iniziali, aggi o disaggi di emissione), oppure gli interessi prevedano tassi differenti lungo la durata dello strumento finanziario, il tasso di interesse nominale è differente da quello effettivo e occorre iscrivere in Stato patrimoniale l’attività o la passività a un valore diverso dal costo storico (per i titoli) o dal valore nominale (per i crediti ed i debiti).
Jobber consente tre modalità per adottare il criterio del costo ammortizzato:
– Applicazione integrale su tutti i titoli di debito posseduti
– Applicazione solo sulle immobilizzazioni
– Applicazione del doppio binario: calcolo del costo ammortizzato sui titoli acquistati nel 2016 (e a seguire) e vecchio criterio di calcolo sui titoli in rimanenza al 31/12/2015.
Qualunque sia la scelta effettuata, Jobber può garantire la valutazione secondo il metodo scelto.
L’utilizzo del criterio del costo ammortizzato per valutare i titoli immobilizzati aventi una scadenza è compatibile con le norme contenute nei principi IFRS e in particolare con quanto stabilito dal principio IAS 39, attualmente in vigore negli Stati Membri della UE.
• Il principio IAS 39 sarà sostituito dal principio IFRS 9, già pubblicato dallo IASB (International Accounting Standards Board) in versione definitiva il 24 luglio 2014.
• La data prevista per l’applicazione dell’IFRS 9 è il 1 gennaio 2018 (anche nella UE)
• I titoli immobilizzati passibili di valutazione al costo ammortizzato sono quelli che, in ambito IFRS, si classificano come «Held to Maturity» (HtM), vale a dire «detenuti fino a scadenza»
• Non si tratta, per IAS 39, di titoli a medio/lungo termine detenuti a scopi speculativi.